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Vincenzo Pellegrino

 

 

              

Storia dell'araldica

Due parole sull'Araldica

 

Haràldus è la parola latina da cui proviene la parola araldo, da cui araldica. Ed a sua volta arriva da un tedesco abbastanza incerto. Per qualcuno Hàriwalto è un termine composto dagli antichi termini tedeschi Har (truppa, esercito) e Waltan (governare, dirigere). Per altri da Herr (signore) e Hold (amico). Per altri ancora Harèn (chiamare, gridare) e Ald (ministro, banditore) potrebbero aver dato l'origine a questa parola.

Ma potrebbe derivare dal francese antico hiraut, e questo dal francone heriwald cioè che conduce l’esercito.

Chi era dunque il nostro araldo? Si può affermare con certezza che identificasse quell'ufficiale che, nei tornei medioevali, in rappresentanza del suo signore, chiaramente irriconoscibile sotto la bardatura dell'armatura, ne proclamava il nome, lo statuto, e magari
i titoli e i possedimenti. Da qui un mare di sinonimi per estensione tra cui messaggero, ambasciatore, inviato, portavoce, messo, e banditore. Come accade spesso nella storia umana le innovazioni e i costumi militari si trasportano nella vita delle comunità, e, dopo aver reso il suo servigio per distinguere e caratterizzare le unità militari e gli eserciti, l'araldica si è trasformata in una vera e propria scienza, e da questo uso esclusivamente guerresco, l'arma o blasone come venne poi chiamato, da segno di distinzione militare divenne emblema
familiare trasmissibile da padre in figlio. Lo stemma assunse pian piano il carattere di identificazione di un personaggio, di una
famiglia, di un casato, e divenne simbolo di appartenenza sociale o di gruppo.

Gli stemmi cominciarono ad essere dipinti non più solo sugli scudi da battaglia, ma sui mobili, sulle vesti, e sulle suppellettili. Delle vere opere d'arte in sculture a bassorilievo iniziarono ad apparire sui muri dei castelli, sulle porte delle città, sui frontoni dei palazzi, sulle chiese e nei conventi, quali segni di distinzione di questa o quella famiglia, di questo o quel convento, come simbolo chiaro di un
monastero o di un'abbazia.

L'uso dello stemma divenne talmente diffuso e popolare che, contrariamente a quanto si crede, non fu appannaggio esclusivo della nobiltà, ma si diffuse tra la borghesia e persino tra il ceto contadino. E non è molto raro ancora oggi, trovare stemmi araldici sul portone di un casale di campagna. Ma con i moderni cambiamenti e la velocità di trasmissione che hanno raggiunto oggi le immagini, parliamo di un'arte antica, che per quanto affascinante e ricca di simbolismi, è destinata a scomparire perdendo ogni significato, o essa può conservare ancora un senso? La domanda non trova facilmente risposta. Però è innegabile che i simboli di appartenenza ad un gruppo familiare o a un gruppo sociale appartengono da sempre all'uomo. Fin dai primordi nei gruppi umani si instaurano relazioni continuative, relativamente stabili e cooperative. I gruppi si formano per svolgere lavori specifici, difficili o impossibili da eseguire per un singolo individuo. Per queste funzioni strumentali nascevano i villaggi preistorici. Ma non solo. Infatti per ragioni puramente espressive le persone si riuniscono spontaneamente per soddisfare bisogni di accettazione estima, ma anche per supportare o dare sollievo a sentimenti negativi.
Un senso di identificazione garantisce all'umano una sensazione di gratificante sicurezza e di protezione, mentre l'esclusione da un gruppo porta serie conseguenze. Per l'uomo primitivo la cacciata da un villaggio poteva voler dire la morte, oggi può portare a seri problemi psicologici. Il senso di appartenenza si muove oggi in ambiti svariati che vanno dalle curve degli stadi di calcio alle associazioni aziendali, dai gruppi politici alle associazioni culturali, dai reparti militari alle associazioni di motociclisti. Ogni gruppo sociale sente l'esigenza di avere un logo, un marchio, un segno distintivo, uno stemma in fondo. Che si senta di appartenere a una nobiltà, ad un gruppo di hipster, o a chissà quale altro gruppo sociale, la creazione di simboli che ne rafforzino i codici di riconoscimento e di appartenenza è quanto di più naturale scaturisca dall'uomo. Si finisce per indossare il proprio status simbol con la moda. Un certo modo di vestire potrebbe essere accostato ad uno stemma araldico, in quanto racconta chi siamo. Qualunque sarà il destino di questa arte appare chiaro che l'araldica non è solo la scienza che ha per oggetto lo studio degli stemmi nobiliari, poiché non ha nessun riscontro la tesi che il diritto allo stemma fosse riservato alla nobiltà. In nessun periodo storico, in nessun paese lo stemma è stato prerogativa di una classe o categoria sociale. Chiunque poteva sempre e dovunque adottare uno stemma e farne l'uso che preferiva, alla sola condizione di non usurpare stemmi altrui. È possibile anche oggi, rivolgendosi chiaramente a persone esperte del campo ricavare il proprio stemma familiare.

Il grifone - copia.png
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