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Immagine del redattoreVincenzo Pellegrino

Teatro: Crisi o rinascita?

Aggiornamento: 9 dic 2023


maschera teatrale in dubbio per la sorte del teatro

Breve analisi dello stato in cui versa il teatro italiano

Sono diversi anni che al di là della pandemia, parlando con diversi operatori del settore teatrale, si percepisce un'aria di crisi. La prima cosa da fare sarebbe quella di capire il tipo di malattia dal quale è affetto. La situazione del teatro può essere analizzata da vari punti. Il primo è quello della presenza dei teatri più o meno stabili, il secondo è quello degli spettatori che li frequentano e il terzo, non meno importante è l'ambito creativo. La presenza cioè di compagnie e attori, e di nuovi autori, compresi gli sperimentatori di nuove forme di teatro che si affacciano sul moderno e sulle nuove tecnologie, anche se la forma teatrale è così magica e primordiale che nella sua essenza ha bisogno soltanto di un piccolo spazio e pochi segni per darsi. È abbastanza facile cominciare dall'ultimo punto dicendo che a detta della Federazione Italiana Teatro Amatoriale, che conta oltre 25.000 iscritti, le compagnie teatrali amatoriali che operano sul territorio sono circa 1400. Un numero non certo basso, anche se le compagnie iscritte al BDAT, la federazione tedesca, sono il doppio; ed è un numero che conforta riguardo la tenacia di migliaia di appassionati, veramente animati da grande furore artistico, non potendo contare certo sugli stessi fondi del governo tedesco. La parte creativa che riguarda i testi teatrali, con una grande tradizione alle spalle, è ricca e florida. Gli autori contemporanei sono tanti e con una offerta diversificata di spunti e argomenti, che rendono difficile una sintesi in questo spazio. Il mondo delle compagnie amatoriali, fatto di persone che mangiano pane e teatro, ignorando tutti i sacrifici fisici ed economici, nasconde, oltre a tantissimi attori più o meno bravi, anche un discreto gruppo di autori. Sfornano opere di continuo per alimentare il loro repertorio pur senza la certezza di avere mai un successo economico, o qualche passaggio televisivo importante. Autori e attori, dilettanti o professionisti, di sicuro non mancano. Ciò che rappresenta un problema per loro è invece la carenza di strutture teatrali facilmente accessibili ed i relativi frequentatori.


I teatri in Italia non vivono certo un momento sereno. Qualche tempo fa una indagine di "Report", ha messo in luce il numero di teatri italiani che, regione per regione, avevano chiuso per sempre il sipario. Triste notizia il numero totale. Circa 428 sono quelli che hanno chiuso o cambiato destinazione d'uso, e tra le regioni più colpite risultano la Lombardia e la Sicilia, stranamente accomunate da questi dati, testimoniando che il problema di fondo non è solo territoriale. Perchè i teatri chiudono? Immagino che la realtà sia abbastanza semplice; i costi per la cura e la gestione sono elevati, e quando non vi sono incassi né altre forme di sussidio importanti forse non si può nemmeno pretendere che qualcuno ci rimetta a livello personale. Magari tanti dei teatri che hanno chiuso definitivamente i battenti erano in condizioni che richiedevano interventi di risanamento per la sicurezza, e necessitavano di un restauro per l'adeguamento alle nuove normative. Se a tutto ciò si aggiunge il peso legato alle stangate annunciate per le bollette del gas e dell'elettricità in seguito alle difficoltà geopoliche che ormai agitano il pianeta, appare chiaro che lo sforzo dei privati diventa spesso vano. Non potendo contare sui fondi del Fus, il fondo unico spettacolo, e dovendo fare affidamento solo sulle proprie capacità imprenditoriali, non sempre riescono a mantenere “in piedi” le strutture. Il teatro è un patrimonio immateriale, che significa crescita di relazioni, di spirito di comunità, di cultura e di sviluppo delle coscienze. Rinunciare a ciò sarebbe una grave perdita. Pare che il governo abbia deciso nei prossimi due anni di investire parte del PNRR per i teatri, intervenendo sui costi dei biglietti, ma soprattutto su marketing, comunicazione e assistenza digitale, settori che potrebbero migliorare le cose, dato che la maggior parte delle strutture teatrali non ha ne risorse strategiche né personale dedicato all'innovazione digitale. Sempre che si riesca ad attuarlo La difesa di questo patrimonio sia immateriale che di immobili, necessita di una notevole crescita culturale di tutta la comunità, che è importante riesca a comprendere il valore reale dei momenti teatrali, e non sia solo attratta dai nomi e dalle compagnie sorrette dal mainstream televisivo.


Ma veniamo agli spettatori, che sono in un certo senso proprio uno dei tasti dolenti.

Dalle indagini dell'Istat risulta che il livello di partecipazione ad eventi teatrali è aumentato rispetto agli anni passati, ma ciò potrebbe essere dovuto ad una reazione al periodo di chiusura legato alla pandemia, e non risponde ai numeri utili per decretarne un ottimo stato di salute. Tale livello è in media più elevato al centro- nord, e il tasso di istruzione anche fa la sua parte. Questo senza voler per nulla generalizzare, tira in ballo la voce costi e la voce cultura. I soldi da dedicare ai passatempi ed alla propria crescita sono mediamente di più nelle zone del paese dove sono minori le difficoltà economiche. In tante zone d'italia il costo di un abbonamento teatrale non sempre è alla portata di tutti. Il palcoscenico poi soffre della concorrenza della televisione e del cinema pur essendo la sola forma d'arte in possesso di quella vitalità garantita dal rapporto diretto con l'evento. L'età media dei frequentatori ci dice che i giovani non preferiscono il teatro, forse perché pensano sia una cosa più adatta ai boomer; forse perché trovano più conveniente e divertente spendere i soldi per i concerti dei propri idoli musicali, che sicuramente non sono economici; forse anche perché non vi è grande pubblicità in tante occasioni. E poi perché manca il coraggio agli imprenditori teatrali di proporre cose a loro più adatte, che potrebbero coinvolgerli. Non esiste d'altronde una scuola né un approfondimento universitario per la formazione di agenti e produttori teatrali in grado di incidere sulle variazioni del mercato, e questo è un altro punto critico. L'ultimo, ma non certo da sottovalutare, è il rapporto malato che purtroppo non solo i ragazzi ma anche tanti adulti hanno con la tecnologia del web e degli smartphone. Ormai ci mettono in condizioni di vedere quel che preferiamo e dove preferiamo, come un film o una delle tante serie di Netflix con un cellulare su una qualsiasi panchina di una sperduta città di provincia.

C'è di certo speranza nei giovani e nel futuro, ma esiste qualcuno in grado di instillare la pura passione per il teatro? Chissà. Alla domanda del titolo di questa piccola indagine, non avendo formule magiche, credo si possa rispondere soltanto con lo spirito geniale e ironico del grande Pino Caruso.

«Se la gente non va a teatro non è perchè il teatro è in crisi ma perche è in crisi la gente.»












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