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Cop 28 il fallimento perfetto.



Ovvero la conferenza fatta apposta per ingannare e ingannarsi.


Per quei pochi che non lo sapessero, e si spera che siano veramente pochi, la Cop 28, acronimo di “ Conference of the Parties”, è la riunione che naque dallo storico Summit per la terra , di Rio De Janeiro nel 1992. Da allora detta convenzione, sotto l'egida dell'ONU, prova ad occuparsi dei cambiamenti climatici, e si ripete con una certa periodicità, da cui deriva il numero della sigla. Il cop 29 si terrà in Azerbaigian nel 2024, esattamente duecento anni dopo la prima formulazione dell'ipotesi di una relazione tra l'atmosfera e la temperatura della terra da parte di Joseph Fourier. Qualche anno dopo Eunice Newton Foote, donna scienziata e attivista americana, osserva in modo sperimentale l'effetto del riscaldamento dalla luce solare su diversi gas, teorizzando che la proporzione di anidride carbonica, il famigerato CO2, poteva condurre all'aumento della temperatura. Nel 1896 Svante Artenius pubblica il primo calcolo del riscaldamento globale da un aumento della CO2, e agli inizi del secolo scorso Nils Ekholm usa per la prima volta le parole “ effetto serra”.

Gli studiosi e gli scienziati sanno da lungo tempo della correlazione tra le attività umane e i cambiamenti climatici, ma i governi e la stessa società civile, lungo lo scorrere del secolo del progresso e della crescita, hanno sempre faticato ad accettarlo.

Ora ci siamo arrivati; nessuno mette più in dubbio, nonostante i classici movimenti negazionisti, che tra le attività dell'uomo che più mettono in pericolo l'esistenza del pianeta che conosciamo vi è la combustione di carbone e dei derivati del petrolio. Le COP sono senza dubbio servite a favorire una presa di coscienza delle reali difficoltà che potremmo incontrare, se rimanessimo prigionieri dell'immobilismo. Ma non a molto di più. Ora tutti sanno di una precisa correlazione tra la crisi climatica e l'immissione di CO2 per l'utilizzo di fonti energetiche derivanti dal carbone e dal petrolio, eppure la prossima convenzione quella del COP 29, si terrà in Azerbeigian, paese famoso anche per il contratto del secolo, cioè un contratto tra la società petrolifera di stato dell'Azerbaigian e un consorzio di 11 compagnie petrolifere straniere. Il contratto resterà in vigore fino al 2050 quindi anche la conferenza del 2024 si svolgerà in una atmosfera teatrale e quasi ridicola. Si chiederà di rinunciare al petrolio a paesi che grazie all'oro nero hanno acquisito potere. Un po' come affidare la gestione di un pollaio alla volpe.


Esattamente come il fallimento della Cop 28 che si è conclusa da poco. 

Transition away, che dovrebbe voler dire transizione graduale, è il termine molto ambiguo che è stato inserito in un testo conclusivo. Non è per nulla storico, come tanti dicono poiché non prevede tappe, né la determinazione dei protagonisti che dovrebbero attuarlo, e soprattutto neanche la più pallida forma di monitoraggio e controllo. Non esiste una strada che possa portare ad una riduzione coatta per tutti. Alcuni stati hanno fondato tutta la loro struttura e le loro politiche sul potere delle fonti fossili e quindi, forse anche giustamente, possono dire che anche loro ne hanno diritto, dato che i paesi occidentali le hanno usate in passato per svilupparsi e gestire la crescita. Il potere e i capitali internazionali non guardano né guarderanno alla salute del pianeta, ma è chiaro ormai che i combustibili fossili sono il sapone per la corda del nodo scorsoio che attende la terra.

Non esiste purtroppo una reale visione per un pianeta che viva di sole energie rinnovabili e pulite. L'obiettivo, che l'umanità intera dovrebbe tenere presente, di limitare cioè l'aumento di temperatura globale di “solo” 1,5 gradi, è palesemente già ora fuori portata. Si dovrebbero obbligare tutti gli stati a non investire sulle fonti fossili e cancellare del tutto i sussidi pubblici per le compagnie petrolifere che tuttora ancora sono alla ricerca di petrolio e carbone. Ma ciò non può accadere attraverso la Transition away, mentre in realtà la concentrazione attuale di CO2 è salita a valori che non si erano visti da circa 15 milioni di anni, quando le temperature erano almeno 3 gradi superiori alle attuali. E continua ad aumentare a velocità mai viste in nessun’altra era geologica. Continuando così, le calotte glaciali ai poli sono destinate a sparire. Per non parlare della destabilizzazione delle condizioni climatiche, con siccità, alluvioni, ondate di calore e altri disastri. La inevitabile scarsità di cibo porterà a grandi disparità sociali; i conflitti che ne scaturiranno porteranno a comportamenti disumani che non saranno solo spunti per distopici film di fantascienza ma pura realtà.




Sarebbe auspicabile una reale rivoluzione culturale che parta dal basso. Ma si tratta di cambiamenti di paradigma di una portata spaventosa, che noi umani non possiamo fare con facilità poiché siamo inebetiti, ridotti in uno stato di stordimento continuo, confusi tra i ritmi assurdi che hanno assunto i tempi sociali e i continui bombardamenti pubblicitari. È un ottundimento della ragione molto sottile, operato attraverso i media, attraverso fonti “culturali” asservite. Ne deriva quindi che uno dei pericoli maggiori è costituito proprio dal fatto che noi stessi siamo i soci inconsapevoli e bonari dei poteri forti e del capitalismo finanziario. Oltretutto quelli che sanno dei reali pericoli, pur cadendo in quello stato che viene definito eco-ansia, non trovano facile rinunciare a uno stile di vita che sembra comodo, per adottarne altri apparentemente più scomodi e meno confortevoli. Tanti altri non sentono il cambiamento climatico come un pericolo reale, ma lo avvertono come qualcosa che arriverà in chissà quale futuro dove poi la tecnologia in qualche maniera risolverà. E altri ancora semplicemente pensano che non possono farci nulla.

«La conversione ecologica sarà efficace solo se socialmente desiderabile», diceva Alexander Langer, mentre i poteri del finanzcapitalismo faranno sempre di tutto per farci sembrare accattivanti una serie di desideri indotti o di oggetti che non sono proprio necessari. La terra si salverà da sola, e se ne infischierà delle forme di vita che la abitano, poiché le estinzioni di massa sono già state diverse. Forse i ricchi di salveranno andando ad abitare “colonie umane nello spazio” seguendo i sogni ingegneristici di Gerard O' Neill. O magari tutti ci salveremo perchè scienziati geniali troveranno la maniera di trasformare la C02 in ossigeno puro. Ma essenzialmente, se non parteciperemo ad un cambiamento radicale di coscienza e di cultura, se non favoriremo la nascita di una nuova economia e di una nuova umanità, ognuno di noi con la sua piccola goccia, non vedo orizzonti sereni per le civiltà odierne. Anche perchè ormai, rubando le parole di Luciano Gallino, «la politica ha abdicato al proprio compito storico di incivilire, governando l’economia, la convivenza umana. Ma non si è limitata a questo. Ha contribuito a trasformare il finanzcapitalismo nel sistema politico dominante a livello mondiale, capace di unificare le civiltà preesistenti in una sola civiltà-mondo, e al tempo stesso di svuotare di sostanza e di senso il processo democratico».


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